Sempre più di frequente, sui terrazzamenti fra Piemonte e Valle d’Aosta, accanto alle più tradizionali viti fanno capolino sempre meno sparuti olivi. Più che di una nuova comparsa si tratta in realtà di un ritorno, in quanto testimonianze di olivicoltura in Piemonte si registrano fin dal Duecento, come emerge dagli sudi del professor Giovanni Donna.
Alcuni olivi secolari circondano il castello di Settimo Vittone e il complesso monumentale preromanico del Battistero di San Giovanni Battista e della Pieve di San Lorenzo, e proprio la fascinazione suscitata da questa insolita quanto antica presenza ha dato vita a un progetto portato avanti da Vito Groccia e Alberto Giovanetto, che a distanza di qualche decennio ha dato i propri frutti con l’apertura, il 29 ottobre 2010, del frantoio comunale in frazione Montestrutto.
Dal punto di vista istituzionale, tutto è iniziato con la fondazione, il 15 ottobre 2003 a Vialfrè, dell’ASSPO – Associazione Piemontese Olivicoltori. Si trattava allora di poco più di una decina di coltivatori, fra cui lo stesso Vito Groccia e il figlio di Alberto Giovanetto, Adriano, che credevano nella possibilità di intraprendere questa attività sui terreni del Piemonte e della Valle d’Aosta e desideravano associarsi per scambiarsi conoscenze, idee e suggerimenti. Dal momento della fondazione, l’ASSPO ha intrapreso un approfondito studio sull’olivicoltura piemontese, effettuando tra l’altro un censimento che ha permesso al solo dottor Antonino De Maria di contare circa ottantamila piante sul territorio regionale e monitorando la presenza della mosca olearia, principale parassita dell’olivo.
L’associazione ha visto, negli anni, crescere di molto il numero dei propri soci. Malgrado gli olivicoltori piemontesi non possano competere, per la quantità della produzione, con i colleghi di altre Regioni, le olive piemontesi, prevalentemente di tipo leccino, sono di ottima qualità e producono un olio dolce e delicato.
Intanto a Settimo Vittone, dopo anni di paziente lavoro, nel 2002 il Circolo Molino Lingarda presieduto da Vito Groccia organizzava la prima “Sagra delle olive e dell’olio”, producendo per la prima volta l’olio della Riviera Settimese, con la frangitura di circa 200 kg di olive a Villanova d’Albenga: lo stupore dei Liguri nel notare la qualità dei frutti canavesani sarà d’incoraggiamento per perseverare nella sfida, mettendo a dimora centinaia di piante e studiandone attentamente l’adattabilità al territorio.
L’Amministrazione comunale ha creduto in questa “scommessa” e così si è proceduto a ristrutturare l’ex peschiera inaugurata nel 1930 da Maria José di Savoia per adattare l’edificio a frantoio, dotandolo di un impianto all’avanguardia, che è diventato un vero punto di riferimento per gli olivicoltori del Nord-Ovest. La quantità di olive conferite è salita di anno in anno, mettendo a dura prova i volontari del Circolo Molino Lingarda, che gestiscono la struttura.
L’olivicoltura – che richiede una manutenzione minore rispetto alla viticoltura – offre la duplice prospettiva di promuovere il territorio e le sue eccellenze e di prendersi cura del territorio stesso, destinando ad oliveto vigne e campi dismessi, combattendo così l’abbandono e il dissesto idrogeologico.